venerdì, giugno 27, 2014

LA LEZIONE DELL’ATENEO BOLZANINO
di Enrico Bertorelle

Torniamo al 12 giugno di quest’anno per un istante: quel giorno, nella nomina dei nuovi vertici all’Università di Bolzano, viene confermato alla presidenza il sudtirolese Bergmeister e viene bocciato il candidato italiano Felis, a favore della ladina Nocker per la carica di vicepresidente.
Il 13 giugno presidente, rettore e direttore della LUB emettono il seguente comunicato congiunto: «Abbiamo scelto in base ai curricula e non ci sono state pressioni esterne».
Il 16 giugno il professor Felis ipotizza di essere stato giubilato. Giubilato, fa sapere, a causa delle sue posizioni progressiste in materia scolastica.
Arriva il 17 giugno: la neo vicepresidente Nocker dichiara: «La politica non c’entra, la scelta è stata fatta esclusivamente in base ai titoli accademici».
18 giugno: il confermato presidente della LUB Bergmeister annuncia a questo giornale che si faranno due vicepresidenti, e così verrà ripescato anche l’italiano Felis ( prima bisognerà cambiare lo statuto dell’Università ove non è previsto un tale organigramma, ma questo naturalmente non costituisce un problema).
19 giugno: l’assessore provinciale Tommasini, il quale aveva candidato il prof. Felis a quella carica, commenta: «La soluzione è positiva».
Conclusione della favola: e tutti vissero felici e contenti.
Mentre noi a Bolzano eravamo impegnati a seguire tutte le battaglie di questa guerra epocale per la successione alla vicepresidenza, su Repubblica il grande vecchio Guido Ceronetti pubblicava, nello stile di Flaubert, un suo moderno dizionario dei luoghi comuni, attingendo dal linguaggio dei politici. Tra tali espressioni, testimoni del collasso della lingua italiana, ve ne sono alcune che sono state spese nel nostro psicodramma: rimboccarsi le maniche; dare un segnale forte; ci sono luci e ombre; le quote rosa. Perché nessuno dei personaggi in commedia ha detto quel poco che c’era da dire e che tutti comunque sanno. E cioè che nella nomina delle cariche alla LUB le pressioni esterne non solo ci sono, ma hanno formidabile potenza, ed il semplice fatto che la maggioranza dei componenti del Consiglio dell’Università siano nominati dalla giunta provinciale ne dà il senso. Così come tutti sanno, e questo giornale l’ha scritto con discreta chiarezza, che nella designazione di cui si discute il curriculum dei candidati non conta nulla, e nessuno lo esamina né tanto meno lo confronta agli altri curricula. E infine: non era più semplice dire che la SVP, la quale su ogni cosa vede e provvede, voleva rinnovare sia il presidente Bergmeister che il vicepresidente ing. Borgo il quale aveva bene operato nel quadriennio precedente, ma aveva il torto di non essere organico al partito di riferimento e quindi tale partito lo voleva sostituire?
Per cui il partito sudtirolese, visti i rapporti di forza con il PD, non si è fatto scrupolo di infliggergli una estemporanea punizione, designando non una donna per il rispetto delle quote rosa, ma una ladina per non violare lo statuto dell’università.
Se a gennaio, imponendo un solo assessore italiano in giunta provinciale, la SVP aveva lasciato intendere che 120.000 italiani non pesano più di alcune migliaia di ladini, con la nomina della prof. Nocker ha fatto capire che possono pesare anche di meno.
Salvo il ripensamento finale della moltiplicazione delle vicepresidenze di modo che, come ha detto Bergmeister all’Alto Adige, «al vertice della LUB siano rappresentati tutti e tre i gruppi linguistici». Se questo è lo scopo, considerato che bisogna comunque riformare lo statuto dell’università, consiglierei allora di prevedere una terza vicepresidenza da conferire a un soggetto designato dalla consulta degli immigrati, visto che questi ultimi rappresentano ormai numericamente il terzo gruppo.
Da Alto Adige del 27 giugno 2014
Già nel 2006 il settimanale in lingua tedesca FF aveva dedicato una copertina agli italiani dell'Alto Adige (SECONDA CLASSE - Disagio: come gli italiani in Alto Adige vengono sistematicamente penalizzati)

sabato, maggio 24, 2014

Rai, a Bolzano giornalisti italiani contro Zeller

Proteste alla Rai Alto Adige sull'emendamento presentato del senatore Svp Karl Zeller al decreto legge n. 66 (il cd. Decreto Irpef sugli 80 euro, che deve essere convertito in legge), relativo all'art. 21, quello che riguarda la Rai. «Ci sembra un atto politico di notevole rilevanza e gravità», spiega il comitato di redazione (la rappresentanza sindacale) in lingua italiana, «cancellare la componente italiana dalla sede Rai di Bolzano».
«Questo - prosegue il Cdr - propone l'emendamento presentato da Zeller al decreto legge n. 66, lo stesso che sottrae 150 milioni di euro alla Rai ed elimina l'obbligo dell'azienda di articolarsi sul territorio con proprie sedi in ogni regione. Secondo il testo di Zeller, la sede di Bolzano dovrebbe garantire il servizio pubblico generale radiotelevisivo nella Provincia autonoma solo in lingua tedesca e ladina. Se l'emendamento venisse approvato, si creerebbero le condizioni per far sparire dall'Alto Adige l'informazione Rai in lingua italiana. Guarda caso, si vuole colpire la redazione che più volte, in questi anni, ha segnalato all'opinione pubblica i tentativi della Provincia di ampliare i propri poteri sulla Rai in modo contrario allo Statuto d'autonomia, alla normativa statale e ai principi di autonomia e indipendenza del servizio pubblico. Ma soprattutto si punirebbe il pubblico che paga il canone anche per avere un'informazione fatta dal territorio per il territorio, a favore di tutti i gruppi linguistici, con pari dignità».



«Tutto succede ad appena un anno e mezzo dalla firma della convenzione con Rai e Presidenza del consiglio dei ministri sul finanziamento dei programmi tedeschi e ladini, a dimostrazione che l'obiettivo ultimo della Svp e della Provincia non è solo quello (legittimo) di potenziare l'offerta del servizio pubblico per le minoranze linguistiche, ma anche quello (illegittimo) di diventare titolare del servizio pubblico e di controllare un'emittente radiotelevisiva, come invece vieta l'art. 8 dello Statuto di Autonomia», ricorda la nota del Cdr Rai Alto Adige e prosegue: «Non ci è sfuggito infatti che il disegno di legge costituzionale per la riforma dello Statuto, presentato dai senatori Zeller e Berger, in discussione a Palazzo Madama dal prossimo 30 maggio, voglia sopprimere proprio quella parte dell'art. 8 che esclude la facoltà della Provincia 'di impiantare stazioni radiotelevisivè. Ma stavolta c'è qualcosa in più rispetto al solito disegno di provincializzazione" della Rai.
L'emendamento infatti è firmato anche dai senatori trentini Giorgio Tonini (vice presidente dei senatori Pd), Vittorio Fravezzi (Upt) e Giorgio Panizza (Patt). Perchè chiedere il loro sostegno, visto che il riassetto delle sedi regionali della Rai auspicato dal Decreto legge non mette comunque a rischio la sede altoatesina, blindata dagli obblighi verso le minoranze linguistiche», si chiede il Cdr Rai Alto Adige.
«Il sospetto è che si riproponga lo stesso patto scellerato di spartizione del 1976, quando Svp e Dc trentina tentarono - tra mille polemiche - di dividersi il potere sulle radiotelecomunicazioni, delegando a Trento tutta l'informazione regionale di lingua italiana (il progetto si arenò anche per l'opposizione di Alcide Berloffa e della stampa di lingua italiana, e la Svp fu messa in minoranza in Consiglio provinciale). Oggi, come allora, sarebbe una scelta pericolosa dal punto di vista politico e culturale, perchè Bolzano rinuncerebbe alla sua trilinguità. Ma l'ipotesi è insensata anche in un'ottica di riduzione delle spese e dal punto di vista industriale, visti gli enormi investimenti compiuti dalla Rai sulla Sede di Bolzano. Uno dei pochi elementi di speranza è il fatto che il senatore Francesco Palermo, Presidente della Commissione dei Sei, non abbia firmato l'emendamento. Aspettiamo di sapere la posizione del governo e del Presidente della Provincia», chiude la nota del Cdr.
24 Maggio 2014 Fonte: L'Adige online

mercoledì, gennaio 22, 2014

Il Trentino Alto Adige ingrassa lo Stato

Chi l'avrebbe mai detto che il tanto decantato - per i privilegi "speciali" - Trentino Alto Adige è fra le tre Regioni italiane che risulta essere a credito dello Stato con Lombardia ed Emilia Romagna? 
Lo dimostra il libro di Cerea. 

IL LIBRO

Il professor Cerea: Autonomia svantaggiosa


TRENTO. Un pregevole lavoro di Gianfranco Cerea - Le autonomie speciali. L'altra versione del regionalismo, fra squilibri finanziari e possibile equità Editore: Franco Angeli, 2013 - dimostra che i tanto denunciati privilegi di cui godrebbe il Trentino, a seguito delle più recenti manovre governative, non solo sono stati ridimensionati, ma hanno cambiato di segno riscontrando effetti oggettivamente penalizzanti. Tra gli argomenti di base, l’entità delle competenze: diseguale, in particolare tra le Autonomie speciali. La Sicilia, ad esempio, pur avendo una autonomia ampia e molto dotata sul piano finanziario, esercita una parte ridotta delle sue competenze. Incassa tutte le risorse previste dallo Statuto, ma lascia una parte consistente delle proprie potestà di autogoverno, costi compresi, a carico dello Stato. Il Trentino, che le ha sempre esercitate tutte, ne ha acquisite di nuove, sgravando lo Stato dagli oneri. Inoltre anche nelle regioni Ordinarie si riscontrano diversità notevoli nelle risorse rispetto all’entità delle competenze realmente esercitate. In più, se una Regione trasforma la sanità, per esempio, in una voragine di debiti, lo Stato li ripiana. Inoltre, osserva Cerea, nel rapporto tra la ricchezza prodotta, derivante dal Pil e dal gettito fiscale, e le dotazioni finanziarie a disposizione la differenza tra realtà e realtà è profonda. E i tagli del Governo non considerano questa variabilità. In sostanza, per Cerea oggi l’autonomia è un handicap.
Fonte: Il Trentino - 22 dicembre 2012

martedì, dicembre 17, 2013

GOLPE DEL GOVERNO

Solitamente il golpe viene fatto da forze d'opposizione,
ma per quanto riguarda l'Alto Adige pare proprio che i governi
che si succedono facciano a gara a chi fa il golpe più sensazionale.
E così si è arrivati alla nomina dei 6 componenti dello Stato
nella commissione paritetica per le norme di attuazione dello
statuto d'autonomia: tre sono di Trento e tre sono di Bolzano.
Ma dei tre di Bolzano (finora uno del gruppo linguistico
tedesco e due di quello italiano) uno è del g.l. tedesco, uno
di quello ladino ed uno di quello italiano.
Questi tre componenti faranno parte della sottocommissione
per l'Alto Adige. Solo che quello del g.it. è di origine bellunese
e da larghi strati politici del gruppo italiano viene considerato
un corpo estraneo, inoltre è malvisto anche perché è diffusa
l'opinione che debba la sua carriera politica ai servigi che
rende alla Suedtiroler Volkspartei.
Lo Stato ha quindi abdicato, il Governo non ha tenuto conto
del fatto che alle elezioni provinciali del 27 ottobre il gruppo
italiano dell'Alto Adige ha dato una chiara indicazione di
sfiducia verso tutta la classe politica (significativo il fatto che
a Bolzano - città con il 73% della popolazione appartenente
al gruppo italiano - la Suedtiroler Volkspartei sia diventata
il primo partito perché molti del g.it. non sono andati
a votare).
Al posto di scegliere due componenti realmente rappresentativi
del gruppo italiano dell'Alto Adige il Governo ha quindi
scelto due corpi estranei a tale gruppo dando quindi ampio
sostegno alla politica locale, dominata dal gruppo tedesco,
tendente ad una vera e propria epurazione del gruppo italiano
dai posti di comando e sottocomando pubblici in Alto Adige
(quelli privati sono già quasi totalmente nelle mani del gruppo
tedesco).

giovedì, settembre 26, 2013

LEGGE PROVINCIALE SULLA TOPONOMASTICA:
IL GIOVERNO CHIEDE IL RINVIO DELL'UDIENZA
DAVANTI ALLA CORTE COSTITUZIONALE

Il Corriere dell'Alto Adige, il dorso altoatesino del Corriere della Sera, informa oggi 26 settembre che il governo ha chiesto il rinvio dell'udienza sul ricorso relativo alla legge provinciale sulla toponomastica che originariamente era fissata per l'8 ottobre.
Lo scopo è quello di attendere la modifica della legge provinciale con cui si dovrebbero togliere i punti più palesemente illegittimi della legge.
La modifica della legge provinciale non cambierebbe la strategia di fondo da parte tedesca che mira a cancellare il maggior numero possibile di nomi italiani.
C'è da scommettere che le modifiche sarano tali da favorire questa strategia.

giovedì, settembre 05, 2013

Rimpatriata a castel Tirolo

Conferita a castel Tirolo, nell’anniversario della firma dell’accordo di Parigi, l’onorificenza del Grand’Ordine di merito a dodici personalità, amici del Sudtirolo (e di Durnwalder).

Il marziano che giovedì 5 settembre, in tarda mattinata, fosse capitato a castel Tirolo, avrebbe avuto una visione decisamente sui generis della realtà altoatesina. Avrebbe certamente pensato che “Durnwalder” e “Südtirol” siano due sinonimi. E avrebbe creduto che il “Grand’Ordine di merito” sia una sorta di abbraccio o, meglio, una sonora pacca sulle spalle tra vecchi amici che si incontrano.
Le note della banda musicale di Tirolo cominciano a risuonare a mezza mattina. Le senti lasciandoti alle spalle la chiesetta paleocristiana di San Pietro, sopra Quarazze.
Tirolo (Dorf Tirol) è un’enclave monolingue in una regione plurilingue, come testimoniano i cartelli indicatori. Non solo quelli dei sentieri, ma anche quelli apposti dal comune. Un’isola di monocultura alle porte di una Merano multietnica e variopinta.
L’appuntamento è alle 11 e prevede il conferimento del Grand’Ordine di merito della Provincia autonoma di Bolzano a dodici personalità. “A quelli che sono rimasti nostri amici anche in tempi difficili”, spiegherà poco dopo Luis Durnwalder, presidente quasi emerito e, per un giorno, conte di Tirolo.
Nei cortili del castello, tra lo stupore dei visitatori paganti, si accalca il fior fiore della società e (soprattutto) della politica altoatesina. Un assortimento che fa invidia solo al bestiario romanico raffigurato sui due magnifici portali della Sala dei cavalieri.
I cavalieri ci sono davvero: assessori e assessore provinciali, metà alla sinistra, metà alla destra del principe. Vis a vis, schierati in ordine alfabetico, i dodici apostoli. I dodici premiati. Per la verità sono rimasti in undici, non perché uno abbia tradito, ma perché Erwin Pröll, capitano del Land di St. Pölten, è stato trattenuto altrove da un qualche contrattempo. Unica lacuna. Il resto fila tutto alla perfezione. La direttrice del maniero, in uniforme da castellana, fa gli onori di casa (“…die Blumen sind in Ordnung?”), gli eroici funzionari del gabinetto presidenziale assicurano, con la consueta discrezione, che il protocollo sia rispettato. A cornice della giunta sono schierati alcuni anziani scizzeri del paese, armati di alabarda, e quattro passiresi titolari di altrettanti Masi dello Scudo. Il principe ereditario Arno Kompatscher, seduto a lato, è venuto a vedere “come si fa”.
Il bravo presentatore richiama due volte all’ordine ma le voci in sala si placano solo quando il violino e l’arpa di due musiciste del Conservatorio bolzanino attaccano a suonare.
Ora c’è silenzio. Si alza Durnwalder e saluta i presenti. “In Tirolo”, esordisce, “si saluta per primo il clero… anche questi sono valori”. Boh. Forse il vescovo e l’abate di Gries avrebbero preferito mantenere un francescano basso profilo. Ma poi il presidente prende a spiegare il senso di questa sorta di “festa nazionale”, legata alla ricorrenza della firma dell’Accordo di Parigi, racconta di due guerre, due dittature, dei torti subiti… “Sudtirolesi di lingua tedesca, italiana e ladina”: si lascia sfuggire pure questa eretica espressione. Dà un colpo al cerchio della politica e uno alla botte della storia: cita i “patrioti” degli anni Sessanta ma riconosce che la soluzione fu trovata poi dai “democratici dell’una e dell’altra parte”.
Ecco, ora passa a parlare dei premiati con un “discorso alla Orson Welles”, secondo la definizione di Gianclaudio Bressa. Per ognuno c’è, come si diceva, una vigorosa pacca sulle spalle. Per lo stesso Bressa, “sempre pronto ad accogliere e ad ascoltare le delegazioni provenienti dal Sudtirolo”. Per Lorenzo Dellai: “Abbiamo bisogno dei trentini che sono ‘italiani doc’, ma sono anche trentini…”. Con Manfred Fuchs, che collaborò alle missioni spaziali Ariane 1, Spacelab e Columbus, Durni sembra sognare un satellite tutto altoatesino. Di Michael Häuptl, sindaco di Vienna, loda il democratico decisionismo, di Peter Jankowitsch spiega che in giovane età fu il più giovane ambasciatore austriaco, “laggiù in Senegal” (“in Senegal untn”). Waltraud Klasnic, a lungo presidente della Stiria, è ringraziata per la collaborazione a livello europeo e a Claudia Schmied, ministra austriaca dell’istruzione, confessa che l’assessora Kasslatter Mur, tutte le volte che la incontra, “poi ci parla sempre per mezzo pomeriggio di te”. Tutti si danno del tu, ovvio, perché è davvero una grande rimpatriata. Gli ultimi della serie sono l’ex cancelliere Wolfgang Schüssel (“Quante volte siamo venuti a Vienna a parlare con te…”), l’ex presidente della Baviera Edmund Stoiber (“Tirolesi e bavaresi siamo sempre andati d’accordo con l’eccezione del periodo napoleonico…”), l’ex governatore di Renania-Palatinato e Turingia Bernhard Vogel e, dulcis in fundo, Wendelin Weingartner, già capitano del Tirolo. Qui un frammento di vera storia, ricordando il momento in cui si poté pacificamente rimuovere la sbarra al confine italo-austriaco.
Il discorso di Durnwalder è durato più di un’ora. Alla fine la parola passa a Bressa e a Schüssel. Il primo confessa, commosso: “Questo premio è lo specchio della tua politica”. Il secondo vola più alto. Ricorda come oggi la gran parte dei cittadini di tutti i gruppi si senta sudtirolese/altoatesina. Ironizza sul fatto che l’Alto Adige vorrebbe essere l’ombelico del mondo (“In ogni caso un ombelico molto bello”). In tempo di euroscetticismo a buon mercato, spezza più di una lancia a favore del progetto Europeo. Ricorda le parole dei trattati di Roma del 1957 (“Noi cittadini europei siamo uniti per nostra fortuna…”) e la fondazione della Comunità europea. Un progetto che in qualche modo, come la nostra autonomia, partì proprio a Parigi, quel 5 settembre del 1946.
Paolo Bill Valente

05.09.2013
Fonte: http://www.salto.bz/de/article/05092013/rimpatriata-castel-tirolo

martedì, settembre 03, 2013

INCHIESTA
Alto Adige, convivenza ferita nella «guerra» dei cartelli

Si torna a litigare sui toponimi? Allora è la volta buona per sostituire anche il nome italiano Vetta d’Italia e quello tedesco Klockerkarkopf. «Chiamiamola Europaspitze - Vetta d’Europa!». Vola alto l’associazione Mountain Wilderness. Ma vola ben al di sopra la contesa etnica sulla toponomastica, che si è riaperta in questo mese in Alto Adige (dove il 70% della popolazione è di lingua tedesca).
Lo statuto d’autonomia imporrebbe che i toponimi – sia in pianura che in montagna – fossero bilingui, ma “sul terreno” molti cartelli sono ancora monolingui e circa 8mila toponimi sono contestati perché «di parte» o «artificiosi» (quelli del periodo fascista) da gruppi di lingua tedesca o, per motivi analoghi, di lingua italiana.
Il dibattito si era riacceso nel 2009, quando il Cai chiese di ripristinare il bilinguismo nei sentieri di montagna, e poi nel 2012, quando la fresca legge provinciale in materia fu impugnata dal governo Monti davanti alla Corte Costituzionale.
Ai primi d’agosto è scoppiato di nuovo attorno ad un accordo parziale tra il governatore Luis Durnwalder e il ministro agli Affari regionali Graziano Delrio (in vista del memorandum firmato il 5 agosto dal premier Letta a Bolzano) che hanno deliberato su 1.526 toponimi solo di montagna, con alcune scelte contestate nel merito e soprattutto nel metodo. «Abbiamo lavorato sulla base dei criteri individuati due anni prima assieme al ministro Fitto», si è difeso Durnwalder, rispondendo ai partiti della destra italiana che lo accusavano di «un lavoro sporco, un inciucio trasversale», come ha detto Alessandro Urzì, di "Alto Adige nel cuore". Ma l’intesa ha deluso anche i leader alleati del centrosinistra, rimasti esclusi dal confronto romano: «Quest’approccio è sbagliato perché una questione così spinosa non si risolve facendo delle conte, per di più in un ristretto gruppo di persone», ha dichiarato il verde Florian Kronbichler, parlamentare di lingua tedesca, che si è lamentato col ministro Delrio ottenendo la promessa di una consultazione più ampia nei prossimi passaggi.
Inarrestabile la valanga di commenti sui social network di Bolzano. A conferma che la toponomastica fa ancora scintille, sulle quali soffiare ad ogni ricorrenza utile. E giovedì 5 settembre è l’ anniversario dell’Accordo di Parigi del 1946 con cui Alcide De Gasperi e il collega ministro degli esteri austriaco Karl Gruber davano una garanzia costituzionale alla popolazione di lingua tedesca e ladina, prevedendo che la toponomastica debba essere bilingue (o trilingue nelle aree ladine). Da allora alcuni nomi sono andati persi o risultano “intraducibili”, altri storpiati o inventati per assonanza o analogia, altri forzatamente cancellati in un braccio di ferro, spesso strumentale, fra alcuni gruppi della popolazione di lingua tedesca e italiana.
La storia viene riletta in modo diverso.
Non si riconosce che gran parte dei toponimi nascono di origine tedesca, ma anche che molti centri – come Merano e Brunico – hanno da sempre il loro nome italiano. Si ricorda la forzata italianizzazione fascista ad opera del cartografo irredentista Ettore Tolomei, il quale peraltro già nel 1916 aveva concluso il suo "Prontuario" sui termini italiani. O s’invoca il criterio scientifico dell’uso, ma scontrandosi con le numerose varianti locali.
Una via d’uscita? «Il problema di fondo non è quanti e quali toponimi salvare – osserva pacatamente Paolo Valente, storico meranese, – ma è il riferimento al principio basilare per cui un gruppo linguistico non può decidere sugli usi (linguistici) di un altro gruppo linguistico (minoritario). È un principio che si pone a fondamento di una convivenza autentica e non solo di facciata». In altre parole, esemplifica Valente, in Alto Adige solo i tedeschi devono avere la facoltà di decidere quali sono i nomi tedeschi da usare. Così pure gli italiani e i ladini.
Diego Andreatta
3 settembre 2013 - L'AVVENIRE