LA LEZIONE DELL’ATENEO BOLZANINO
di Enrico Bertorelle
Torniamo al 12 giugno di quest’anno
per un istante: quel giorno, nella nomina dei nuovi vertici
all’Università di Bolzano, viene confermato alla presidenza il
sudtirolese Bergmeister e viene bocciato il candidato italiano Felis,
a favore della ladina Nocker per la carica di vicepresidente.
Il 13 giugno presidente, rettore e
direttore della LUB emettono il seguente comunicato congiunto:
«Abbiamo scelto in base ai curricula e non ci sono state pressioni
esterne».
Il 16 giugno il professor Felis
ipotizza di essere stato giubilato. Giubilato, fa sapere, a causa
delle sue posizioni progressiste in materia scolastica.
Arriva il 17 giugno: la neo
vicepresidente Nocker dichiara: «La politica non c’entra, la
scelta è stata fatta esclusivamente in base ai titoli accademici».
18 giugno: il confermato presidente
della LUB Bergmeister annuncia a questo giornale che si faranno due
vicepresidenti, e così verrà ripescato anche l’italiano Felis (
prima bisognerà cambiare lo statuto dell’Università ove non è
previsto un tale organigramma, ma questo naturalmente non costituisce
un problema).
19 giugno: l’assessore provinciale
Tommasini, il quale aveva candidato il prof. Felis a quella carica,
commenta: «La soluzione è positiva».
Conclusione della favola: e tutti
vissero felici e contenti.
Mentre noi a Bolzano eravamo impegnati
a seguire tutte le battaglie di questa guerra epocale per la
successione alla vicepresidenza, su Repubblica il grande
vecchio Guido Ceronetti pubblicava, nello stile di Flaubert, un suo
moderno dizionario dei luoghi comuni, attingendo dal linguaggio dei
politici. Tra tali espressioni, testimoni del collasso della lingua
italiana, ve ne sono alcune che sono state spese nel nostro
psicodramma: rimboccarsi le maniche; dare un segnale forte; ci sono
luci e ombre; le quote rosa. Perché nessuno dei personaggi in
commedia ha detto quel poco che c’era da dire e che tutti comunque
sanno. E cioè che nella nomina delle cariche alla LUB le pressioni
esterne non solo ci sono, ma hanno formidabile potenza, ed il
semplice fatto che la maggioranza dei componenti del Consiglio
dell’Università siano nominati dalla giunta provinciale ne dà il
senso. Così come tutti sanno, e questo giornale l’ha scritto con
discreta chiarezza, che nella designazione di cui si discute il
curriculum dei candidati non conta nulla, e nessuno lo esamina né
tanto meno lo confronta agli altri curricula. E infine: non era più
semplice dire che la SVP, la quale su ogni cosa vede e provvede,
voleva rinnovare sia il presidente Bergmeister che il vicepresidente
ing. Borgo il quale aveva bene operato nel quadriennio precedente, ma
aveva il torto di non essere organico al partito di riferimento e
quindi tale partito lo voleva sostituire?
Per cui il partito sudtirolese, visti i
rapporti di forza con il PD, non si è fatto scrupolo di infliggergli
una estemporanea punizione, designando non una donna per il rispetto
delle quote rosa, ma una ladina per non violare lo statuto
dell’università.
Se a gennaio, imponendo un solo
assessore italiano in giunta provinciale, la SVP aveva lasciato
intendere che 120.000 italiani non pesano più di alcune migliaia di
ladini, con la nomina della prof. Nocker ha fatto capire che possono
pesare anche di meno.
Salvo il ripensamento finale della
moltiplicazione delle vicepresidenze di modo che, come ha detto
Bergmeister all’Alto Adige, «al vertice della LUB siano
rappresentati tutti e tre i gruppi linguistici». Se questo è lo
scopo, considerato che bisogna comunque riformare lo statuto
dell’università, consiglierei allora di prevedere una terza
vicepresidenza da conferire a un soggetto designato dalla consulta
degli immigrati, visto che questi ultimi rappresentano ormai
numericamente il terzo gruppo.
Da Alto Adige del 27 giugno 2014
Già nel 2006 il settimanale in lingua tedesca FF aveva dedicato una copertina agli italiani dell'Alto Adige (SECONDA CLASSE - Disagio: come gli italiani in Alto Adige vengono sistematicamente penalizzati)